Ha 26 anni, studia canto da quando ne aveva 13 e nel 2015 ha debuttato come Amelia Grimaldi nel Simon Boccanegra al Carlo Felice di Genova, la sua città. Si chiama Benedetta Torre ed è una delle stelle nascenti della lirica italiana, ma vanta già un percorso professionale con esibizioni al Teatro Petruzzelli di Bari, al Teatro dell’Opera di Roma e al Maggio Musicale Fiorentino, per citarne alcune. Incontro Benedetta Torre a poco più di un mese dal suo debutto nel ruolo di Despina, Così fan tutte, e sarà diretta da Zubin Mehta.
- Ciao Benedetta, partiamo dalle ultime notizie: sarai diretta per la prima volta dal Maestro Zubin Mehta, come ci si sente e come ci si prepara ad un evento del genere?
- Ciao Giusi. Ovviamente si è emozionati, orgogliosi di lavorare con un direttore del suo calibro. In questi casi ci si sente più responsabilizzati e si ha ancora più voglia di fare "bella figura". Ciò influenza la preparazione al ruolo, non tanto nell'approfondimento e nei vari step dello studio, che comunque sono sempre gli stessi e sono indispensabili per fare bene il mio lavoro a prescindere da chi c'è sul podio, ma più che altro nel sincerarmi più spesso e quasi ossessivamente che davvero il carattere musicale e attoriale che sto dando al personaggio funzioni, che sia coerente con lo spartito e con ciò che suggerisce il libretto (ed eventualmente la fonte d'ispirazione letteraria da cui è stato tratto).
- E delle varie esperienze con il Maestro Riccardo Muti, cosa ci puoi raccontare?
- Lavorare con il Maestro Riccaro Muti è stata l'esperienza più formativa che ho avuto la fortuna di vivere finora. Mi ha "educato" al rispetto del compositore e di ciò che esattamente ha scritto, dalla struttura ritmica alle dinamiche, dagli accenti alle legature, dando senso alla parola tramite la musica; da qui si crea dando voce allo spartito, con la convinzione che il nostro apporto debba essere sì artisticamente personale, ma devoto, consapevole che, se quella musica è scritta proprio così, c'è un motivo. Oltre a questo, lavorare con lui significa lasciarsi guidare dal suo gesto in una sinergia davvero magica, e meravigliarsi ogni volta della bellezza che riesce a far scaturire da ognuno di noi e dalla musica in generale.
- Sei giovanissima e hai già vinto numerosi premi in competizioni di rilevanza internazionale: V Concorso Internazionale di Canto Francesco Paolo Tosti, 6° Concorso Internazionale di Canto Renata Tebaldi, Premio Chigiana 2018, IV Concorso Lirico Internazionale di Portofino. Hai avuto una guida, un mentore, nel tuo percorso artistico?
- Fin dall'inizio gli insegnanti di canto che si sono succeduti nel mio percorso mi hanno guidato con dedizione sia a livello tecnico che strategico, proponendomi di volta in volta i concorsi lirici più importanti, tra i quali quelli che hai citato; ciò mi ha permesso di interfacciarmi presto con il mondo reale del canto e di costruire delle basi solide dalle quali partire per impostare la carriera. Da qui l'incontro con il mio agente (sempre lo stesso, sin dall'inizio), che mi ha guidato e mi guida nel mio percorso artistico, delineando insieme a me la via da seguire. È fondamentale anche la mia attuale insegnante, Barbara Frittoli, che mi prepara sia tecnicamente che musicalmente ad ogni opera che affronto, consigliandomi sulla scelta dei ruoli.
- Il ruolo di Arianna nel Minotauro di Silvia Colasanti in scena al Festival di Spoleto nel 2018: lo hai definito “complesso ma indimenticabile”. Puoi dirci di più?
- Il Minotauro è stata la prima opera contemporanea che ho affrontato e scoprire quel linguaggio è stato interessante, tanto più tramite la scrittura suggestiva di Silvia Colasanti. A livello musicale la struttura non era particolarmente difficile da intonare, ma richiedeva un assoluto controllo della linea vocale e il sapiente impiego di tantissimi colori, dai piani e pianissimi ai forti improvvisi. Il tutto era incorniciato da una regia aulica, dal sapore ovviamente mitologico, ispirata alla scultura greca nei costumi e nella generale statuarietà che dovevo mantenere nelle movenze. Posso quindi affermare che per me è stata un'esperienza unica, una sfida a tutto tondo sia a livello vocale che scenico.
- Sei stata anche Marguerite nell’oratorio drammatico Jeanne d’Arc au bucher di Honegger, vicino a Marion Cotillard. Com’è stato esibirsi accanto ad un premio Oscar?
- Stupendo! Capita raramente di avere a che fare con attori di quella fama, che siamo soliti appunto vedere nei film e che sono in genere fuori dall'ambiente operistico-musicale. È stato un onore, davvero una grande emozione affiancarla in un oratorio bellissimo, interessante e assolutamente suggestivo nel connubio tra canto e parola recitata. Ho perfino vinto la mia solita timidezza chiedendole un autografo sull'incipit dello spartito… non potevo perdere questa occasione! Un'artista straordinaria, che si è dimostrata anche molto gentile, dolce e alla mano.
- Progetti futuri, nonostante il periodo estremamente incerto?
- Data l'incertezza che giustamente hai sottolineato non posso dire molto, ma tra gli impegni più imminenti c'è il mio debutto all'Arena di Verona quest'estate, dove parteciperò alla produzione di Aida diretta dal Maestro Muti nel ruolo della Sacerdotessa.
- La tua giornata ideale, quale sarebbe?
Una gita in montagna, passeggiando tra i boschi e assaporando la libertà e la bellezza che sprigiona la natura. In alternativa, divano, cioccolata calda o gelato (a seconda della stagione) e un bel film in compagnia della mia dolce metà.
- Un grazie, uno soltanto… a chi?
Uno solo per più di una persona, in realtà: a tutti quelli che hanno creduto e credono in me, e che mi affiancano nel mio percorso artistico e nella vita.
Potete seguire Benedetta Torre su Instagram @bennytower
Giusi Cuccaro